Lo scioglimento del matrimonio: gli effetti patrimoniali della separazione e del divorzio
La crisi dell’unione tra coniugi, infatti, fa discendere diverse conseguenze
sia sul piano personale che sulla ricchezza familiare. Per tale motivo, è fondamentale rivolgersi ad un professionista che
possa assistervi con un approccio multidisciplinare al diritto di famiglia e alla tutela patrimoniale nella delicata fase di scioglimento del matrimonio.
Separazione consensuale e giudiziale: la scelta della procedura da seguire
Quando i coniugi realizzano di non voler più convivere sotto lo stesso tetto,
mettendo fine alla vita matrimoniale, possono intraprendere due percorsi: procedere
di comune accordo limitando i litigi, le tensioni familiari e le spese legali
con un accordo consensuale, oppure ricorrere alla separazione giudiziale in
Tribunale. In quest’ultimo caso, le questioni patrimoniali vengono definite con
la sentenza di separazione.
Questo significa, in termini pratici, che è possibile ottenere il divorzio:
- nel termine breve di 6 mesi se la separazione è
intervenuta consensualmente
- nel termine più lungo di 12 mesi se vi è stata separazione giudiziale
Ma cosa succede al patrimonio dei coniugi quando arriva la crisi? Per
venire incontro alle esigenze di coloro che si trovano in questa situazione,
abbiamo elaborato una serie di risposte alle domande più comuni.
La comunione legale dei beni: cosa succede con lo scioglimento ?
È noto che, a partire dalla riforma del 1975 ed in mancanza di scelta di un
diverso regime, la comunione legale si instaura automaticamente con la celebrazione
del matrimonio. Pertanto, qualora i coniugi vogliano optare per la separazione
dei beni, devono dichiararlo esplicitamente al momento del matrimonio. In tal
caso, il ministro di culto o l’ufficiale di stato civile accoglieranno la
decisione rendendola effettiva per tutta la durata dell’unione (salvo modifiche
successive da effettuare con apposita convenzione notarile).
Lo scioglimento della comunione legale si ha nel momento in cui il
Presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla
data di sottoscrizione del verbale di separazione consensuale dinanzi al
Presidente e, da tale momento, ciascuno dei coniugi può chiedere la divisione
dei beni. La legge prevede la divisione di attività e passività in parti
uguali, mentre i beni indivisibili devono essere venduti e il ricavato
equamente distribuito, salvo il caso di mancato accordo, a seguito del quale sarà
necessario l’intervento del giudice per stabilire la spartizione del quantum.
Beni oggetto della comunione: quali sono?
Tra i beni che rientrano nella comunione dei beni, ricordiamo:
- tutti gli acquisti effettuati dai coniugi
congiuntamente o separatamente durante il matrimonio;
- i frutti relativi ai beni appartenenti a ciascun
coniuge come i prodotti dei terreni coltivati che hanno ereditato o che
sono stati acquistati prima del matrimonio, i dividendi azionari, i canoni
di locazione o gli interessi sui titoli di Stato eventualmente posseduti;
- le aziende costituite da entrambi dopo il matrimonio o
gestite in modo comune (se l’azienda apparteneva a uno solo dei due
coniugi prima del matrimonio, si considerano oggetto della comunione solo
gli incrementi e gli utili).
Quali sono i beni che non rientrano nella comunione legale?
Tra i beni che non rientrano nella comunione, considerati beni personali, vi
sono:
- tutti i beni ricevuti in eredità o in donazione anche
dopo al matrimonio;
- i beni di cui i coniugi erano proprietari anteriormente
al matrimonio,
- oggetti e beni strettamente personali;
- beni che occorrono per esercitare la professione, ad
esclusione di quelli che servono per condurre l’azienda oggetto di
comunione;
- la pensione ottenuta per avvenuta perdita della
capacità lavorativa, sia parziale che totale;
- beni acquistati con la vendita o con lo scambio di beni
personali.
Se la causa di separazione è in itinere e i coniugi si trovano in regime di
comunione dei beni, i titoli, il conto corrente e i restanti rapporti
patrimoniali è importante verificare la titolarità. Se questi sono intestati a
un solo soggetto, l’altro coniuge non ha diritto a ottenere la sua quota fino
allo scioglimento della comunione. Questo significa che fino al momento dello
scioglimento, ciascun coniuge può gestire in modo legittimo i titoli e i conti
personali senza che l’altro possa pretendere alcunché.
E in caso di separazione dei beni?
Con il regime di separazione dei beni, la situazione che si verifica al
momento della separazione è la stessa di quella anteriore al matrimonio.
Ciascun coniuge mantiene non solo la titolarità, ma anche l’esclusivo godimento
dei beni acquistati prima o durante il matrimonio.
Un'ipotesi particolare riguarda i coniugi che pur avendo scelto la
separazione dei beni, sono intestatari di uno stesso conto corrente o di altri
beni mobili: in questo caso potranno provare con fatture, documenti o
testimonianze la quota di propria spettanza. In difetto di prove, il giudice li
dividerà al 50%.
A chi spetta il diritto di abitazione presso la casa familiare?
In presenza di prole, il diritto di continuare a vivere nella casa familiare
spetta al genitore al quale i figli sono stati affidati o con cui convivono,
nonostante la maggiore età. Questo significa che quando ci sono figli, l’interesse
superiore di questi ultimi supera il diritto di proprietà sull’immobile, il
regime patrimoniale preesistente o la titolarità del contratto di locazione.
Nel caso in cui uno dei coniugi rivendichi il diritto di riprendersi i
mobili che ha acquistato a proprie spese, potrà riaverli sempre nel rispetto
del diritto preminente dei figli a vivere in modo sereno e agiato. Ne deriva che
l’assegnazione della casa ricomprende anche gli arredi, i mobili e gli
elettrodomestici indipendentemente dal titolare del diritto di proprietà, con
l’unica eccezione dei beni strettamente personali, i beni definiti
"voluttuari" e quelli occorrenti all’esercizio della professione. Nel
caso in cui il coniuge assegnatario dovesse traslocare, l’orientamento
prevalente ritiene che l’altro soggetto possa riottenere i beni che gli
appartengono, chiedendo la divisione di quelli comuni.
Un problema può verificarsi nel caso di affido separato, quando cioè uno o
più figli vengono affidati al padre e gli altri al padre: il giudice deciderà
tenendo conto la situazione specifica, valutando le esigenze affettive,
scolastiche, l’età di ciascun figlio e lo stato di salute. In assenza di prole,
infine, l’immobile verrà assegnato all’effettivo proprietario salvo accordi diversi.
Stabilito il soggetto assegnatario della casa, ci si chiede se quest’ultimo
possa affittarla a terzi. Ebbene, giurisprudenza e dottrina sono concordi nel
ritenere che l’affidatario debba abitarla in modo effettivo e continuativo per
mantenerne il diritto, senza poterla dare in locazione né in comodato d’uso a
terzi.
Assegno di mantenimento: come funziona?
Quando i coniugi si separano, il giudice deve stabilire chi tra i due dovrà eventualmente
versare l'assegno di mantenimento, garantendo al meno abbiente lo stesso tenore
di vita condotto durante la convivenza.
L’assegno di mantenimento viene concesso solo quando, al coniuge che lo
richiede, non sia anche addebitata la separazione. Dall’assegno di mantenimento
va distinto l’assegno di divorzio, che ha ad oggetto l’obbligo di uno dei
coniugi di versare all’altro un assegno periodico "quando quest'ultimo non
ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive".
La ratio dei due assegni è molto diversa: mentre infatti quello di mantenimento
serve ad assicurare al coniuge meno abbiente il medesimo tenore di vita che
conduceva durante la vita matrimoniale, bilanciando lo stato economico di
entrambi nella fase precedente al divorzio, l’assegno divorzile invece viene
disposto nel momento in cui gli effetti dell’unione matrimoniale vengono
annullati dalla sentenza di divorzio. In quest’ultimo caso non si parla né di
bilanciamento della situazione economica né di mantenimento dello stesso tenore
di vita precedente, ma piuttosto di garantire l’autosufficienza economica,
ricompensando il coniuge beneficiario del contributo che ha fornito per formare
il patrimonio familiare. La giurisprudenza prevalente è concorde nel ritenere
che l’assegno divorzile svolge una funzione compensativa e assistenziale,
finalizzata al conseguimento di un reddito proporzionato al contributo prestato
dal coniuge economicamente più debole nel compimento e nella realizzazione
della vita familiare.
Quando ricorrono giustificati motivi per modificare le condizioni di
separazione, il coniuge che versa l’assegno può chiedere al giudice di ridurre
l’importo, anche quando lo stesso assegno è stato determinato in modo
consensuale. Secondo la Cassazione, inoltre, la riduzione dell’assegno è
ammessa anche quando al coniuge beneficiario venga assegnata la casa.
Per quanto riguarda la determinazione dell’importo dell’assegno, i coniugi
hanno la possibilità di presentare al giudice la dichiarazione dei redditi e
tutta la documentazione che dia prova del proprio patrimonio o del reddito
percepito. Quando uno dei coniugi contesta il reddito dell’altro, il giudice ha
facoltà di disporre le indagini servendosi della polizia tributaria. La
valutazione del giudice viene fatta anche tenendo conto del tenore di vita
tenuto durante il vincolo matrimoniale e stabilendo in via preventiva un
criterio di adeguamento automatico dell’assegno.
Come cambiano i diritti successori dopo il divorzio?
Con la sentenza di divorzio si perdono tutti i diritti ereditari, salvo il
caso in cui il coniuge con diritto di mantenimento si trova in stato di
bisogno. In questo caso. egli può fare richiesta di un assegno da versare
periodicamente a carico dell’eredità. Per stabilire l’importo, il giudice terrà
conto del valore delle somme ottenute con l’eredità, degli altri eredi, dello
stato di bisogno e della pensione di reversibilità eventualmente percepita.
L’importanza di affidarsi ad un professionista esperto
Quando il sentimento finisce, è fondamentale rivolgersi ad un professionista
che possa assistervi nella delicata fase di scioglimento del matrimonio. Infatti,
la scelta del professionista sbagliato, soprattutto in presenza di grandi patrimoni,
può avere gravi conseguenze economiche e psicologiche. L'avvocato
Manuel Macrì, esperto in diritto di famiglia e in tutela del patrimonio, è
in grado di fornire assistenza e consulenza a 360 gradi e ogni questione è
trattata con professionalità, tatto e competenza.
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